Con questa malattia ho una discreta esperienza recente; sono contenta che Papa Francesco abbia messo in risalto questo quinto punto catalogandolo proprio come una malattia, non solo della curia romana, sicuramente! Sono convinta che in giro per il mondo – non meno nella nostra diocesi ambrosiana – sia un virus parecchio diffuso.
Mi soffermo solo sulla mia personale esperienza.
Il cattivo coordinamento è un male che, in questo periodo, vivo quotidianamente sulla mia pelle.
Ritengo che nasca da una mancanza di responsabilità, oltre che da un atteggiamento superficiale nei confronti delle situazioni ed, ancor più, delle persone.
Un grosso pericolo è quello di pensare che in una parrocchia il coordinamento sia incarico solo del parroco, o di pensare che sia lui il coordinatore in prima battuta. Con i tempi che corrono e le unità-comunità pastorali che incombono, il sacerdote dovrebbe essere dotato di superpoteri per arrivare a coordinare tutto. Ecco che entrano in gioco le diverse realtà presenti ed i diversi laici responsabili (ammesso che lo siano!).
Molto concretamente, anche se quello che sto per scrivere potrà non essere accolto con le dovute attenzioni e riflessioni, ritengo che non sia sufficiente stendere degli impegni, nominare dei responsabili e poi non intervenire se ci si accorge che qualcosa non funziona. Il responsabile coordinatore è colui che, oltre ad impegnarsi personalmente, verifica anche se quanto gli è stato affidato funziona tutto per il giusto verso; il coordinatore è colui che non si limita all’organizzazione di un dato appuntamento, momento, evento, ma è colui che è pienamente inserito in una visione allargata dei programmi e che, ancor prima di incontrarsi con le varie figure presenti nella comunità, ha ben chiaro chi e come deve coinvolgere.
L’incapacità di essere cristianamente concreti e propositivi, unita all’ignorare la presenza di realtà esistenti, non è nient’altro che causare disagio e scandalo, come dice papa Francesco. E la comunità che da scandalo ha già finito di annunciare la gioia di Cristo ancor prima di mettersi a sporcarsi le mani.
Penso che molti dei mali della nostra parrocchia nascano proprio da questo: dalla cattiva volontà di ignorare che non è il “non sapere” ma il “non voler sapere”. Impegnati, uno per uno, nella corsa a sentirsi migliori, a fare di più senza sapere perché.
Sono anni che dico questo, spesso anche a voce con più di una persona, ottenendo solo assenso e opinioni positive, ma poco aiuto concreto nel quotidiano.
Il coordinamento non si affida a chiunque e, tanto meno, a chi crede di essere l’unico sulla faccia della terra ad essere in grado di farlo, nemmeno se questo alza la voce e si impone.
Il coordinamento è la lungimiranza di Dio che sa vedere oltre le beghe da cortile – pardon, da parrocchia – e mettersi davanti alle persone per creare il bene comune.
Io prego il Signore per questo, perchè di questo c’è tanto bisogno!
E poi, se a segnalare il problema è il nostro carissimo papa, penso proprio che non si può nascondere la testa sotto la sabbia! Prima o poi bisognerà pure pensarci, o no?