Archivio mensile:gennaio 2012

Medito e il mio spirito si va interrogando (Salmo 77,7)

Tutto quello che è accaduto in questi giorni, l’insieme di avvenimenti, notizie, articoli, persone, ecc., sembra proprio una gran bella iniziativa divina per spingermi a meditare. Mi permetto di condividere con i miei due lettori il groviglio di sentimenti, emozioni e provocazioni, nella speranza che mi aiutino a capire ed a districare la matassa.
Riparto da dove, più o meno, c’eravamo lasciati sul post precedente: dopo che il capitano, abbandonata la propria nave ed il destino dei passeggeri in balìa di buio ed onde, probabilmente rifiutandosi di ammettere la propria incapacità di gestire una situazione ormai disperata, appare la figura di quello che viene osannato come eroe ma per me non lo è, ed infatti anche lui lo ammette qui.
A distanza di qualche giorno, mi capita di leggere un altro articolo di stampa che potete vedere qui: apparentemente non c’è un nesso logico, o forse sì…?
Ed infine, quasi a completamento di tutto quanto sopra, ieri leggo questo.

Fatta questa lunga premessa, arrivo al dunque, al medito, a tutto quello che l’insieme delle notizie mi ha portato ad interiorizzare.
Quando vengono affidate delle responsabilità, in qualsiasi campo della vita, sono sempre responsabilità in qualche modo “condivise”. Nel caso della nave naufragata c’era un capitano che ha probabilmente commesso diversi errori che non spetta a me giudicare, ma c’era anche un equipaggio, c’era (e l’abbiamo sentito) il capitano della Guardia Costiera che ha fatto il suo dovere: non poteva fare granchè, ma non è stato con le mani in mano, ha cercato di capire e di fare quello che era in suo potere in quel momento. Insomma, non si è lavato le mani.
Trasporto l’avvenimento in un ambito ecclesiale.
Ci sono comunità che dispongono di un buon capitano ed un buon equipaggio: la conoscenza ed il cammino comune portano al largo, lontano dai pericoli. Hanno una buona carta nautica nella Parola di Dio e possono intraprendere qualsiasi tipo di viaggio comune tra i pericoli quotidiani.
Ci sono comunità che invece hanno qualche carenza: magari il capitano è stanco e può avere qualche problema a reggere le varie responsabilità, magari l’equipaggio non è sempre in linea con il capitano, ha degli alti e bassi, ma li accomuna una grande passione. Hanno la Parola di Dio come carta nautica, ma hanno qualche difficoltà a far viaggiare bene la nave ed a mettere in comune un cammino. In questi casi ci vuole la persona in grado di richiamare tutti ad un corretto funzionamento delle cose.

Tradotto nel mio concreto, in quello che sento e provo.
Sono una persona laica, non sono sempre in linea con i capitani, ma ho la gioia di sentire una corresponsabilità nel portare avanti uno stile di vita che abbia come bussola il Grande Capitano. Commetto un mucchio di errori, sbaglio spesso, ma mai per superficialità o disprezzo.
Ed allora mi domando come mai è così difficile far capire che quello che a volte faccio notare non è perchè odio qualcuno, non è per maleducazione, nemmeno per insensibilità o mancanza di rispetto… pare si chiami “corresponsabilità” e sia molto simile alla “correzione fraterna”.
Ci sono due modi per vivere insieme: soffrire nel vedere la nave che affonda o abbandonarla per ultimo.
Ci sono due modi per essere uomini: aspirare ai posti migliori o vivere con responsabilità il quotidiano.
Ci sono due modi per essere cristiani: tranquillamente adagiati sulla posizione raggiunta senza mai aprirsi al confronto o ringraziare per il dono ricevuto e sporcarsi le mani a trafficarlo, a confrontarsi, disposti a cambiare rotta ogni volta che siamo scoglio per qualcuno.
In ogni caso si commettono sbagli, qualunque sia il luogo o la situazione in cui ci troviamo: non saremmo umani. Forse lo sbaglio è proprio l’elemento che ci fa capire l’importanza e la capacità di aprirsi all’amore senza limiti: quello che considera sempre l’altro più importante di me.

L’altro può pesarmi, rallentarmi, persino trascinarmi giù con sé.
E che altro sarà la Croce se non un tale inabissarsi per restituire una vita senza confini?
(don Cristiano Mauri).

Di navi e capitani

Adoro l’Isola del Giglio ed il suo mare, in questi giorni tristemente famosi per le note vicende marinare.
Con tutto quel che abbiamo sentito e letto, sentiamo e leggiamo, mi permetto una riflessione personale, che scaturisce anche da alcuni articoli trovati on line e che potete vedere raggruppati qui.

Mi sembrano tutti molto significativi e mi hanno fatto pensare a quante volte, quotidianamente, agiamo con leggerezza e ci riempiamo l’esistenza di tanti atteggiamenti che ostentano una sicurezza che non abbiamo, una superficialità che oserei dire ormai piuttosto diffusa. Il pressapochismo e l’egoismo, anche quando hanno la falsa veste della disponibilità e della collaborazione, la fanno da padroni. Pensare che, per ogni lavoro che facciamo e per ogni responsabilità che ci prendiamo, abbiamo dei diritti ma anche dei doveri: quante volte abbiamo veramente consapevolezza dei doveri connessi al nostro ruolo?

La domanda che mi lacera il cuore in tutta questa faccenda è una sola, strepitosamente riassunta in uno degli articoli: abbiamo ancora bisogno di capitani. Quando c’è bisogno di decisioni rapide e sicure, di garantire il bene comune, di guidare una comunità verso la salvezza, ci vuole qualcuno che comandi, e che intenda il comando come servizio agli altri. Qualcuno che, facendosi ultimo, però si prenda la responsabilità di decidere.
Al verbo “intenda” io sostituisco “agisca”: si può aver inteso ma continuare ad agire avendo la propria autorità ed il proprio egoismo come bussola e timone! Oppure si può essere dei pressapochisti e non ascoltare nemmeno chi ci stimola a ritornare sulla rotta, tanto “solo io son capace di fare questo”.

Dobbiamo proprio arrivare ad arrangiarci da soli?

Tra amore e viltà, farsi prossimo

Nel pomeriggio ho letto un articolo che mi è sembrato interessante e dal quale estrapolo qualche domandina che, con i “tempi spaesati” che stiamo vivendo, mi sembra utile farci (o rifarci).
“Qual è la cosa più importante di tutte per Gesù? Quella su cui concentrarsi e a cui dedicare le nostre energie? A partire dalla quale si può ancora trovare un filo per capire e dare senso a quello stiamo vivendo?
Direi l’essenzialità. Tra chi si gloria di una Chiesa sicura e ben distinta dagli altri e chi si lamenta di una Chiesa poco aperta e generosa, “essere ridotti alle strette” ci obbliga a rimettere in fila il valore delle cose, e a ridirci cosa vale di più, come Chiesa. “Chi si vuol gloriare si glori di questo: di avere senno e di conoscere me, perché io sono il Signore che agisce con misericordia, con diritto e con giustizia” (9,23). E allora vale di più avere una Chiesa socialmente forte, che “pesa” culturalmente, anche a costo di accettare compromessi col Vangelo, o quella invisibile e quotidiana di chi ama come Gesù e contagia senza volerlo altre persone? Vale di più aver speso due ore ad ascoltare qualcuno che ci chiede attenzione o l’incontro solito di formazione in cui ci ridiciamo per l’ennesima volta le stesse cose? Vale di più che la liturgia sia celebrata in una certa lingua o in un’altra, o la nostra partecipazione sincera dove siamo disposti a lasciarci un po’ cambiare da quel che si celebra?”
Oggi ci è chiesto il coraggio di lasciarci cambiare, di lasciarci portare dove lo Spirito ci chiama. Come Geremia che si sente troppo giovane e non all’altezza della vocazione. E Dio gli dice: “Non temere, perché io sono con te per proteggerti” (1,8)”.

Stasera mi sono invece goduta l’intervista a “Che tempo che fa” con Enzo Bianchi e Massimo Cacciari (che potete vedere qui) sul tema dell’amore per il prossimo. Ed anche questa mi ha provocato con qualche riflessione e quindi mi sento di condividerla e di segnalarla anche a voi.

Una notte nel salotto del “Clauditorium”

Card ingresso

Ebbene sì, il maledetto 2011 è finito! Mai avrei pensato di viverlo e chiuderlo in questo modo, nove mesi fa non avrei mai immaginato un regalo come questo, ma tant’è l’ho avuto ed oggi mi appresto a sintetizzarlo, a mettere nero su bianco l’adrenalina.
Beh, chi mi legge e mi conosce sa che oltre alla fede religiosa ho una fede molto laica ma anch’essa radicata e vissuta nel tempo. I concerti sono stati tanti dal 1985 ad oggi, ma trovarsi nel salotto di casa Baglioni nella notte dell’ultimo dell’anno credo sia proprio una sensazione unica! Sì, perchè non ho partecipato ad un concerto, ma sono stata accolta da un amico dentro la sua casa, la sua vita, sono stata avvolta dalle sue mani e dalla sua carica di semplicità, tenerezza, affetto, dalla sua voglia di raccontarsi ed insieme raccontare tutto questo tempo passato insieme così, come se fosse la cosa più normale di questa terra.
Ho vissuto emozioni che non riesco a raccontare perchè sono sopraffatta da un sentimento inesprimibile, che solo una mente come la sua riesce a trasportare nero su bianco. Oppure, come ha detto lui “ci si scopre vecchi quando si comincia a parlare troppo ed a raccontare il passato”. Direi quindi che è il caso di fermarsi.
Quest’uomo si può amare oppure odiare, è possibile che non vi piaccia la sua musica oppure che ne siate completamente affascinati: sicuramente se lassù si sta come nel salotto del Clauditorium, vi assicuro che vale la pena tentare di percorrerne la strada!
Buon anno Claudio e grazie papà!
Live rubato (con iphone)

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